Inoki, il vecchietto che non faceva più la pipì

Inoki, il vecchietto che non faceva più la pipì

Inoki, un cane meticcio di 16 anni, a Pistoia è un istituzione, una star. Non c’è persona che non lo conosca, che non lo abbia visto almeno una sera girovagare per le vie del centro accanto al suo proprietario Alessandro. I due sono inseparabile e Inoki segue sempre Alessandro come un ombra…non ha bisogno nemmeno del guinzaglio.
Inoki ha sempre goduto di ottima salute fino a un mese fa quando Alessandro è venuto da noi molto preoccupato perchè l’amico non riusciva a fare la pipì.
Il primo sospetto è stato subito quello di un blocco uretrale, e, per verificarlo è stato necessario introdurre un catetere con l’intento di arrivare alla vescica. A metà percorso uretrale però, il catetere si è bloccato , segno inconfutabile della presenza di ostruzione. Statisticamente la causa più probabile è la presenza di calcoli dentro la vescica che gradualmente vengono spinti verso l’esterno ma spesso possono bloccarsi lungo il percorso. Abbiamo quindi eseguito radiografie di vescica ed uretra che hanno confermato la presenza di numerosi calcoli in entrambi i distretti. Non c’era tempo da perdere…Inoki andava subito operato per rimuovere i calcoli. Gli esami preoperatori ci hanno tranquillizzato sulla salute generale del vecchietto…poteva essere operato!
Dopo un lungo intervento i calcoli sono stati, prima respinti in vescica tramite idropulsione dall’uretra, e, successivamente una cistotomia ci ha permesso di rimuovere le numerosissime concrezione.
Importanti in questi casi sono i lavaggi vescicali per riuscire a ripulire bene la vescica anche dai calcoli microscopici e una fluidoterapia intensa per far aumentare la produzione di urina in maniera da “lavare” bene l’apparato urinario.
Inoki ha superato molto bene l’intervento ed è tornato a casa dopo un paio di giorni di ricovero. Tutto sembrava andato per il meglio ma qualche giorno dopo purtoppo ci siamo accorti che la ferita non cicatrizzava come doveva. A questa età infatti la cicatrizazione è molto più lenta e difficoltosa. Inoltre le difese immunitarie sono molto basse e quindi, nonostante la terapia antibiotica, ai controlli la ferita si presentava sempre infetta. Inoki quindi è stato sottoposto ad altri due interventi di pulizia chirurgica di cute e sottocute. Addormentato 3 volte in 20 giorni Inoki si è rivelato una vera roccia! Ai controlli dopo un mese la ferita è quasi completamente cicatrizzata e lui è attivo e affamato come non mai… a tutte le persone che conoscono Inoki ed si sono preoccupati per la sua salute in questo periodo diciamo di non preoccuparsi…continuerete a vederlo in giro per Pistoia in splendida forma!

Cora, la cagnolina mangia-tutto

Cora, la cagnolina mangia-tutto

Sono appena passate le 18 quando suona il telefono in clinica, di solito gli squilli a quell’ora non preannunciano niente di buono. Infatti la voce molto apprensiva della proprietaria di Cora, una cucciola di Cocker di 5 mesi, ci informa che la cagnolina ha appena mangiato un ciondolo a forma di corno di circa 3 cm caduto accidentalmente a terra: “Non abbiamo fatto in tempo ad aprirle la bocca che subito lo ha ingoiato.Cosa dobbiamo fare?” Effettivamente le chiamate di questo tipo sono molto frequenti perchè i cuccioli di cane tendono ad ingoiare qualsiasi cosa trovino a terra. La risposta è sempre una: partire e portare il cane il più velocemente possibile dal proprio veterinario. Più si aspetta, più è facile che il corpo estraneo arrivi all’intestino e li si blocchi rendendo inevitabile un intervento chirurgico. La proprietaria quindi si è precipitata e in men che non si dica si è presentata in sala d’attesa. Ad una prima occhiata sembrava che la paziente da visitare fosse la proprietaria visibilmente scossa (a ragion veduta, Cora infatti in precedenza aveva gia’ ingerito dei farmaci ! ) e in ansia, mentre Cora era bella vispa, festosa e incuriosita dai mille odori della sala d’aspetto..con il naso in terra a fiutare un altro possibile bocconcino. Non c’era tempo da perdere..dovevamo subito eseguire una radiografia per vedere dove il ciondolo si era fermato. Fortunatamente il ciondolo era di metallo, e questo materiale si riconosce bene tramite l’esame radiografico. Più difficili da vedere sono invece il legno, le stoffe e la plastica.
Anche la forma dell’oggetto è importante ai fini delle possibili decisioni terapeutiche. Infatti nel caso di oggetti appuntiti, stoffe molto lunghe o, nel caso dei gatti, fili bloccati alla base della lingua o alla papilla ileo-cieco-colica, l’induzione del vomito è pericolosa e il rischio di complicanze (anche mortali) elevate.
Nel caso della nostra Cora il ciondolo aveva i margini arrotondati e si trovava ancora nello stomaco e quindi abbiamo optato per l’induzione farmacologica del vomito. Infatti, con un iniezione intramuscolare di un particolare farmaco che solo i veterinari possono detenere, dopo pochi minuti il paziente comincia a vomitare fino ad espellere il corpo estraneo. Bisogna essere pronti a togliere subito da terra l’oggetto perchè a volte capita che i cani lo mangino un’altra volta.
Raccomandiamo a tutti i proprietari di cani e gatti di porre particolare attenzione ai propri animali durante le festivita natalizie, in quanto palline e fili natalizi sono tra gli oggetti piu graditi dai nostri pet che adorano giocarci, e attenzione anche alla Euphorbia pulcherrima ( la stella di natale), e alla cioccolata che sono tossiche!

L’avvelenamento da rodenticida

L’avvelenamento da rodenticida

Giotto è un cane di razza Border Collie di 6 anni, che durante questo periodo di emergenza ci è stato portato perchè presentava da un paio di giorni debolezza, apatia e anoressia.
Durante la visita clinica è stato subito evidente dal colore della mucosa della bocca, che il cane era molto anemico. Il colore delle mucose ci può dire molto sullo stato di salute del cane. In questo caso Giotto aveva le mucose pallide, color porcellana, segno di una grave anemia.
Abbiamo eseguito quindi degli esami del sangue che hanno confermato che l’ematocrito era gravemente diminuito. Il fatto che Giotto è un cane giovane e che spesso è lasciato libero ci ha fatto sospettare che potesse aver ingerito veleno per topi.
I nuovi rodenticidi agiscono dopo circa 10-15 giorni dall’ingestione; il loro meccanismo di azione consiste nel diminuire la coagulazione del soggetto ed è dose dipendente (quantità maggiori di veleno provocano emorragie più gravi). Ogni microtrauma sia interno che esterno quindi, provoca emorragie che non si fermano più e che possono portare a morte l’animale.
Abbiamo quindi eseguito un profilo ematico coagulativo che ci ha confermato che si trattava proprio di avvelenamento da rodenticidi.
Giotto è stato quindi ricoverato e gli sono state somministrate subito delle terapie endovenose di vitamina K.
Nella fase acuta va tenuto sotto controllo l’ematocrito ogni 48 ore per valutare se il paziente comincia a produrre nuovi globuli rossi.
Giotto è stato quindi dimesso e continuerà la terapia domiciliare per un mese con compresse da somministrare con il cibo.
Cogliamo l’occasione per ricordare ai proprietari di animali, specialmente di cani, che, se proprio è necessario usare dei rodenticidi, di prestare la massima attenzione e di riporre le esche negli appositi box. A volte anche queste accortezze risultano però inefficaci perchè i ratti possono prendere il bocconcino e portarlo fuori rendendolo cosi accessibile ai vostri cani.

Il capretto neonato con la zampa fratturata

Il capretto neonato con la zampa fratturata

Achille è un capretto neonato che, a pochi giorni dalla nascita, è stato calpestato dal cavallo convivente. Il capretto probabilmente stava riposando, sdraiato dopo una poppata, e il cavallo camminando lo ha colpito su una zampa, provocandogli la lussazione tra tibia e metatarso con la parte distale della tibia esposta.
Il proprietario si è accorto della ferita perchè il piccolo aveva smesso di alimentarsi ed era diventato letargico.
Purtoppo la ferita ed il moncone erano molto sporchi quindi, dopo aver eseguito una radiografia per controllare eventuali altre fratture, lo abbiamo subito sedato per ripulire la ferita dai detriti ambientali, e per valutare in maniera più approfondita la condizione delle ossa.
I piccoli ruminanti, specialmente i cuccioli, sono molto sensibili all’anestesia. Devono essere fatti dosaggi molto bassi di anestetici e poi bisogna eseguire un attento monitoraggio cardio-respiratorio.
Abbiamo quindi deciso di approfondire direttamente il piano anestesiologico per cercare di ridurre subito la lussazione.
L’intervento chirurgico consiste nell’avvicinare e riallineare i due monconi articolari. Successivamente viene ricostituita per quanto possibile la capsula articolare con dei punti di sutura. Viene infine suturata la cute e viene applicata una fasciatura per mantenere in sede i capi ossei. Achille durante il risveglio è stato alloggiato in una camera calda per evitare il rischio di ipotermia.
Subito dopo il risveglio ha cominciato subito a belare probabilmente perchè affamato. Abbiamo quindi avvisato il proprietario che è venuto subito a prenderlo per portarlo dalla madre. Appena liberato il capretto ha cominciato a belare e sua madre lo ha subito riconosciuto e gli è corsa incontro. Il capretto ha subito cercato la mammella e ha cominciato a poppare come se non avesse appena subito un intervento.
Con quella fasciatura al garretto il nome Achille è stato quasi d’obbligo.

Coco, la Welsh Corgi che è vissuta due volte.

Coco, la Welsh Corgi che è vissuta due volte.

Coco, un cane femmina di razza Welsch Corgi di 11 anni, era stata condotta per un intervento chirurgico di asportazione di una piccola ciste. Superato l’intervento la sera è tornata a casa dai proprietari però la notte Coco mostrava debolezza, apatia e riluttanza al movimento; preoccupati per le condizioni viene di nuovo portata in clinica, dove valutate le effettive condizioni, abbiamo deciso di fare un ecografia addominale. L’ecografia ha subito evidenziato un copioso versamento addominale e una massa enorme alla milza. Grazie alla centesi del liquido (sangue) abbiamo potuto ricostruire quello che era successo. Nella notte il tumore alla milza si era rotto e il sangue si era riversato nella cavità addominale. L’unica cosa da fare in questi casi è effettuare una chirurgia per asportare interamente la milza. Il problema di Coco è che dala notte non aveva urinato e la vescica era vuota. Quindi l’abbassamento della pressione sistemica dovuta all’emorragia aveva provocato anche un’insufficienza renale oligurica. Coco quindi prima di entrare in sala chirurgica andava stabilizzata con fluidoterapia per attivare nuovamente la funzione renale. Dopo un giorno di fluidi Coco ha ricominciato ad urinare ed è stata quindi sottoposta a splenectomia. L’intevento consiste nell’aspirare completamente il sangue dall’addome e poi asportare la milza in toto per diminuire la percentuale di recidive che in questi casi sono molto frequenti. L’intervento è andato bene e Coco è stata altri due giorni ricoverata per valutare i parametri sanguigni e la quantità giornaliera di urina prodotta. In questi casi, nelle 48 ore successive all’intervento ci possono essere complicazioni molto gravi come la CID (coagulazione intravasale disseminata).
Il giorno dopo l’intervento aveva già cominciato a mangiare e a fare delle piccole uscite al guinzaglio.
Dopo tre giorni è tornata a casa bella pimpante e ai controlli ematici settimanali l’anemia e la piastrinopenia erano rientrati. Dopo ogni prelievo aspettava con trepidazione il suo premio…segno che Coco era tornata decisamente quella di una volta.

Noha, il passerotto con l’ala rotta

Noha, il passerotto con l’ala rotta

Lorenzo, come tutti i pomeriggi, era a lavorare nella sua cartolibreria quando ad un certo punto sente qualcosa che sbatte sulla vetrina. Uscito fuori si rende conto che un giovanissimo passerotto, cadendo dal nido, era andato a sbattere sul vetro , lasciandolo tramortito. Inizia cosi la storia di amicizia tra Noha e una coppia di giovani ragazzi di Quarrata.
Da quel momento Lorenzo e Sara si sono occupati del pennuto, accudendolo e nutrendolo ogni due ore con un apposita “pappa”. Noha cresceva a vista d’occhio, si era tutto ricoperto di penne e si esercitava a volare in casa. Per farlo abituare al clima e alla vita in Natura avevano alloggiato Noha in una voliera esterna e, quotidianamente lo portavano in casa per farlo esercitare nel volo..infatti amava volare da una spalla all’altra dei suoi amici umani e si faceva scorpacciate di briciole di pane che avanzavano a tavola.
Arrivata la primavera, quando ormai era tempo di lasciar andare il lori piccolo amico, tornando da lavoro, e andando a controllare Noha in voliera si resero conto subito che qualcosa non andava. Noha era infatti sul fondo della voliera ed era tutto insanguinato con un ossicino dell’ala che spuntava fuori dalla ferita. Qualche animale, probabilmente una gazza ladra, era volata sul terrazzo e dall’esterno della voliera era riuscita con il becco ad afferrare un’ala di noha strappandone una gran parte. A quel punto si precipitarono in Clinica e alla visita le condizioni di Noha ci sembrarono subito molto gravi. Aveva perso moltissimo sangue, visto che vena e arteria ulnare erano state recise e il moncone osseo dell’omero era esposto.
Abbiamo subito ricoverato Noha, abbiamo eseguito un microematocrito per valutare il grado di anemia e abbiamo fatto fluidoterapia per ristabilire un adeguata idratazione,antbioticoterapia e terapia antidolorifica .E’ necessario in questi casi, in cui i pazienti sono di piccole dimensioni, mantenerli in camere calde con una temperatura costante, per evitare il rischio di ipotermia. Stabilizzato il paziente, abbiamo eseguito un intervento chirurgico in anestesia generale, dove è stato necessario disarticolare il moncone osseo dell’omero in quanto la cute rimasta non permetteva di ricoprire l’osso esposto. Poi abbiamo suturato la cute sopra l’articolazione e abbiamo eseguito un bendaggio intorno al corpo del volatile per evitare che con il becco si potesse togliere i punti.
Dopo vari giorni di ricovero Noha si è ripreso benissimo ed è potuto tornare a casa dai suoi genitori adottivi. Purtroppo, senza un ala, non è stata possibile la liberazione in natura ma Noha ha trovato lo stesso una splendida famiglia adottiva che lo lascia scorrazzare libero per casa.

Olga, la randagina con la filaria

Olga, la randagina con la filaria

Olga è una cagnolina trovata sulle colline lucchesi da un amorevole signora. Durante una visita di controllo, eseguendo i test di routinedi prevenzione stagionale per filaria e leishmania, Olga è risultata positiva alla filiarosi, pur risultando totalmente asintomatica. La filaria è un parassita nematode che viene trasmessa da vettore (le zanzare). La zanzara infetta, durante il pasto di sangue, inietta le microfilarie nel cane che in seguito diventano adulte e si vanno a localizzare a livello del cuore e alla base dei grossi vasi sanguigni riproducendosi.
Di solito il cane presenta debolezza, intolleranza all’esercizio, fino a presentare i sintomi di scompenso cardiaco. Una volta che il cane ha contratto la filariosi, la terapia è lunga e presenta rischi di trombosi polmonare che può portare anche a morte e, per circa due mesi il cane deve essere tenuto in un posto ristretto per evitare che faccia sforzi fisici. Risulta quindi di fondamentale importanza la profilassi che può essere fatta sia con delle compresse mensili nel periodo primavera- estate o con una iniezione annuale. Facendo la profilassi il cane non contrae la filaria!.
Olga ha purtroppo contratto il parassita durante il periodo di randagismo; La terapia come abbiamo già detto dura un mese e mezzo , periodo nel quale il cane deve essere tenuto in uno spazio ristretto e portato al guinzaglio a fare i bisogni. In questo periodo Olga ha fatto 3 sedazioni per fare 3 dolorose iniezioni di un filaricida nei muscoli lombari. Inoltre deve proseguire con terapie domiciliari necessarie per fluidificare il sangue
Olga per fortuna, ha superato le terapia senza complicanze ed ha sconfitto il parassita.
Ricordiamo ancora a tutti i lettori l’importanza della profilassi che scongiura ogni tipo di rischio.

Il parrocchetto con il buco nel gozzo

Il parrocchetto con il buco nel gozzo

Circa 15 giorni fa si è presentato un proprietario molto preoccupato perchè il piccolo parrocchetto monaco di circa 1 mese, che aveva acquistato pochi giorni prima, da svezzare, presentava una lesione crostosa sul gozzo.
Dopo la visita clinica abbiamo deciso di rimuovere la crosta e purtroppo si è resa subito visibile una fistola che collegava la cute con l’interno del gozzo.
Questo tipo di lesioni nei piccoli pappagalli allevati a mano è quasi sempre dovuta alla somministrazione troppo calda della pappa artificiale.
In questi casi non ci sono molte alternative, in quanto la fistola è una ferita che non si rimargina da sola in quanto tutte le volte che il pappagallo si alimenta un po di liquido fuoriesce da essa; l’unica soluzione è intervenire chirurgicamente.
Il rischio anestesiologico in un paziente così piccolo e giovane è molto elevato. E’ importante usare un anestesia bilanciata sia iniettabile che gassosa e monitorare la temperatura corporea continuamente perchè il rischio di ipotermia è elevato.
L’intervento chirurgico consiste nel dissecare delicatamente la cute dalla sottile parete del gozzo senza provocare ulteriori lesioni che potrebbero compromettere la vita del paziente.
Una volta terminata questa difficile operazione si prosegue con la sutura della parete del gozzo prima e poi quella della cute.
Il paziente poi viene risvegliato in una camera calda che ha temperatura e umidità costante e controllate.

Nei giorni successivi deve essere tenuto ricoverato per assicurargli una buona terapia antidolorifica, antibiotica e devono essergli somministrati dei fluidi.

Importante è anche la modalità di somministrazione del cibo che nelle due settimane successive deve essere in piccole quantità e ogni 2 ore circa per dare modo alla parete del gozzo di cicatrizzare in maniera adeguata.

Il piccolino dopo una settimana è stato dimesso ed è potuto tornare dal suo amorevole proprietario.

Pepe, il vecchietto redivivo

Pepe, il vecchietto redivivo

Pepe e un simpatico cane meticcio di 12 anni.
Una domenica della fase piu critica del covid mentre faceva la sua solita passeggiatina viene aggredito da un cane molto piu grosso di lui,
Il proprietario si rende subito conto della gravità della situazione e porta subito Pepe presso la nostra struttura. Sono stati necessari due veterinari per occuparsi di Pepe quel giorno, dato che fin da subito era evidente la gravita delle lesioni inflitte dall’aggressore. Pepe infatti aveva subito morsi profondi tutto intorno il collo, la gola e il muso, nonostante l’imponente emorragia non erano state recise né grosse arterie neè grosse vene.
Il primo intervento chirugico su pepe è stato fatto per salvare la vita dell’animale, tamponando le varie emorragie sia esterne che interne in bocca fino al faringe, garantendo cosi una respirazione efficace.
Pepe ha subito ben altri 4 interventi ed è stato ricoverato per oltre un mese.
I morsi presi avevano lesionato sia l’esofago che la parte terminale del faringe( detta orofaringe
cosi da aver creato una comunicazione tra questi organi e l’esterno del collo. Questo tipi di lesione si chiama fistola, e cio comportava che il povero pepe ogni volta che mangiava o beveva perdeva tutto dalle lesioni del collo; oltre a questo abbiamo dovuto combattere contro la forte infezione che i morsi avevano provocato.
Ma non ci siamo mai scoraggiati perchè vedevamo che pepe aveva una gran voglia di vivere.
Abbiamo messo un sondino esogafeo, una sonda che mette in comunicazione l ‘esofago con l’esterno per permettere a pepe di essere nutrito e idratato in modo che le lesioni rimanessero per quanto possibile pulite.
Il sondino esofageo richiede molte attenzioni, perchè se lo possono togliere con le zampe, si può infettare il punto di ingresso, oppure si può ostruire.
Pepe ovviamente veniva tenuto in terapia intensiva, dove oltre alla alimentazione col sondino veniva tenuto costantemente sotto fluidi e vitamine, antibiotici, e antidolorifici per il controllo del dolore, che in questi casi è fondamentale, dato che l’animale è sottoposto anche a un forte stress.
Nonostante tutte le cose che facevamo a pepe lui ogni volta ci scodinzolava… quando era l’ora della passeggiatina
Ogni volta ha subito una anestesia generale per chiudere la fistola che tendeva a riformarsi a causa dell’infezione e del passaggio della saliva.
Ad oggi è passato circa un mese dall’ultimo intervento e la fistola è completamente chiusa.
Pepe sei un cane molto forte!!

Tortuga e la voglia di maternita’

Tortuga e la voglia di maternita’

In questo periodo dell’anno le testuggini depongono le uova. E’ frequente però, che per varie causenon riescano a deporle e vengono portate in clinica in condizioni critiche, disidratate e debilitate come nel caso della nostra Tortuga.
E’ opportuno in questo caso eseguire una radiografia che ci permette di confermare la presenza di uova, il loro numero, e il grado di calcificazione del guscio.
La calcificazione del guscio ci permette di capire anche da quanto tempo le uova sono state prodotte:più sono calcificate più tempo è passato dalla loro produzione; non è infrequente infatti che le uova siano state prodotte l’anno precedente.
Il guscio poco calcificato può essere sintomo di ipocalcemia che può avere varie cause come una scarsa esposizione al sole dell’animale o massime infestazioni parassitarie intestinali che limitano l’assorbimento di calcio.
Se le testuggini sono molto debilitate è necessario il ricovero. Durante i primi giorni vengono effettuate terapie di sostegno con la sommonistrazione di fluidi per via sottocutanea o endovenosa, antibiotici, vitamine e integrazione di calcio quando necessario.
Quando le condizioni di tortuga si sono ristabilite si comincia con la terapia per stimolare la contrazione uterina.
Di solito con questa terapia medica le uova vengono deposte nel giro di qualche ora e la tartaruga può tornare a casa dopo un paio di giorni.
Se così non avviene si deve intervenire chirurgicamente. Le tecniche chirurgiche sono diverse a seconda della grandezza delle uova e si può arrivare anche a dover tagliare il piastrone.
Nel caso di Tortuga non è stato necessario l’intervento ed è potuta tornare a casa in pochi giorni. Le uova, esito di una distocia, difficilmente però si schiudono.
E’ necessario correggere gli errori di gestione o le cause che portano alla ritenzione di uova altrimenti, nella maggior parte dei casi, l’anno successivo la testuggine ripresenterà la stessa difficoltà a deporre.
prodotte:più sono calcificate più tempo è passato dalla loro produzione; non è infrequente infatti che le uova siano state prodotte l’anno precedente.
Il guscio poco calcificato può essere sintomo di ipocalcemia che può avere varie cause come una scarsa esposizione al sole dell’animale o massime infestazioni parassitarie intestinali che limitano l’assorbimento di calcio.
Se le testuggini sono molto debilitate è necessario il ricovero. Durante i primi giorni vengono effettuate terapie di sostegno con la sommonistrazione di fluidi per via sottocutanea o endovenosa, antibiotici, vitamine e integrazione di calcio quando necessario.

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